il dibattito parlamentare
Atti Parlamentari — 4993 — Camera dei Deputati
IV LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA DEL 14 FEBBRAIO 1964
DE PASCALIS: Sulla vaccinazione Sabin antipoliomielitica (interr. n. 648);
PASQUALICCHIO (interr. n. 507); ROMANO (interr. n. 603)
interventi di: Giacomo Mancini, Bruno Romano (PSDI) medico,
Luciano De Pascalis (PSI) avvocato, Pasqualino Pasqualicchio (PCI) medico.
una risposta così ampia e da parte del ministro in persona. L'onorevole Pasqualicchio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
PASQUALICCHIO. Sono personalmente contento dell'ampia esposizione che il ministro ha fatto sul problema, che ha angosciato la coscienza italiana per lungo tempo. Ringrazio sentitamente l'onorevole ministro e rilevo che la sua risposta di oggi è la conclusione di tutta una serie di discussioni e di proposte fatte nei due rami del Parlamento.
La nostra preoccupazione era, oltre che sincera, pressante, in quanto in passato a certe nostre interrogazioni non è stata data risposta, così come è accaduto per una mia proprio in questa materia presentata oltre due anni fa al Senato.
Sappiamo che con un decreto interministeriale del 10 agosto 1962 è stato affidato all'Istituto superiore di sanità il compito di procedere ad accertamenti sul vaccino antipolio. Alcuni mesi fa tutti abbiamo potuto vedere alla televisione il senatore Santero, allora sottosegretario per la sanità, fare un'ampia comunicazione e dare assicurazioni circa l'inizio della campagna dì vaccinazione antipolio. Sono passati parecchi mesi, ma non abbiamo visto alcun indizio che facesse supporre che da parte del Ministero della sanità sarebbe stata svolta un'azione idonea a fronteggiare questa urgente necessità. Per questo motivo ho presentato l'interrogazione. Sono ora lieto di affermare, onorevole ministro, che mi ritengo soddisfatto della sua risposta, perché effettivamente notiamo una svolta in questa questione così importante.
È inutile riandare al passato. L'efficacia della vaccinazione antipolio è entrata ormai nella coscienza popolare. Noi sappiamo che, quando nel 1955 negli Stati Uniti si iniziò la vaccinazione, i poliomielitici erano oltre 28 mila e che nel 1960 i casi si ridussero a 3 mila, su una popolazione di oltre 180 milioni di abitanti.
Se facciamo un confronto con la situazione in Italia, rileviamo che mentre nel 1960 negli Stati Uniti sono stati registrati 3.256 casi di poliomielite, in Italia se ne sono avuti 3.555. E bisogna tenere presente che la popolazione italiana è molto inferiore a quella degli Stati Uniti. La maggiore incidenza percentuale della poliomielite in Italia è dovuta proprio alla mancanza di una vaccinazione
praticata con criteri moderni e scientifici.
Voglio semplicemente ricordare al ministro alcuni dati non statistici, e alcuni problemi che investono le modalità della vaccinazione.
La vaccinazione deve essere frazionata o unitaria? Ecco uno dei problemi più importanti sui quali dobbiamo soffermare la nostra attenzione. Sappiamo tutti che quella frazionata esige non poco tempo: si inizia con il vaccino di tipo 1, poi dopo 4 o 6 settimanesi passa al tipo 2, quindi dopo altrettante settimane al tipo 3 e infine, dopo circa sei mesi, si pratica una iniezione unitaria. Sappiamo però, sulla scorta degli studi scientifici più recenti, che si può raggiungere effettivamente l'obiettivo di una immunizzazione attiva e permanente con una vaccinazione unitaria, nel senso cioè di un'unica somministrazione dei tre tipi di vaccino, ottenendo lo stesso risultato che si persegue con la vaccinazione frazionata. Credo che questo sia un sistema da mettere in atto. Come medico, credo che esso sia il più efficace.
Un altro problema nasce dall'impostazione giuridica del problema della vaccinazione. Deve essere volontaria o obbligatoria? Sappiamo che non esiste alcuna legge al riguardo, però le sollecitazioni prospettate dal ministro ci fanno intendere che, se essa non è obbligatoria legalmente, deve almeno esserlo socialmente, in quanto vengono mobilitati molti servizi, ospedalieri e sociali, che
contribuiranno alla diffusione delle vaccinazione: la quale, si badi, deve essere praticata durante il periodo invernale e non più tardi della primavera, altrimenti ci troveremmo completamente sforniti dei mezzi difensivi all'esplodere eventuale dell'epidemia, che come si sa, è più intensa nei mesi estivi.
Concludendo, ritengo che i provvedimenti che l'onorevole ministro ci ha comunicato e quelli che intende adottare siano corrispondenti alle esigenze di una vaccinazione attiva, proficua e sollecita.
PRESIDENTE . L'onorevole Romano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
ROMANO. Desidero esprimere anzitutto al ministro della sanità un ringraziamento e, se mi è consentito, un apprezzamento. Egli non poteva esordire in quest'aula in maniera migliore, su un problema di estrema gravità e responsabilità, come quello che ci sta di fronte.
Per parte nostra, abbiamo sentito il dovere di sollecitare con una interrogazione non tanto l'inizio della vaccinazione, perché eravamo informati che esso era imminente, quanto l'attenzione del Ministero della sanità sulle sue modalità.
Dobbiamo rilevare, a questo proposito, che dal 1936 ad oggi la morbosità da poliomielite in Italia si è aggirata su una misura pressoché costante, superiore alle 3 mila unità all' anno, con punte epidemiche più elevate, come quelle ad esempio del 1958, in cui 16,7 individui su centomila abitanti furono colpiti disgraziatamente da questa grave malattia. Le statistiche degli ultimi tre anni (questo è il fatto più importante), nonostante l 'applicazione della vaccinazione con il preparato Salk, cioè con germi inattivi, hanno fatto risalire la quota dei colpiti ad oltre 3 mila unità all'anno. Dobbiamo allora chiederci, nel momento in cui iniziamo la vaccinazione con il vaccino Sabin, cioè con germi vivi ma attenuati, le ragioni per le quali la vaccinazione Salk non ha consentito praticamente di ottenere nel nostro paese alcun risultato utile o comunque risultati molto modesti. (Commenti) .
Siamo infatti sullo stesso plateau del 1936. Potremmo approfondire il discorso su questo argomento, ma credo che usciremmo, in questa sede, dal tema che ci siamo prefissi.
Le ragioni sono note a tutti. Il vaccino Salk ha una efficacia limitata, certamente molto inferiore a quella del vaccino con germi vivi attenuati; la campagna per la vaccinazione col vaccino Salk non fu affidata ad una organizzazione seria quale oggi il ministro ha tratteggiato nelle grandi linee, ma più che altro alla preoccupazione, se non addirittura allo spavento che colpì le famiglie italiane di fronte all'epidemia del 1958. Passato lo spavento, non abbiamo infatti assistito ad un'azione penetrante sulle masse da parte del Ministero responsabile perché, sia pure con quel vaccino, la profilassi per i bambini fosse condotta veramente su vasta scala. Penso che una delle ragioni della limitata efficacia del vaccino Salk sia dovuta anche al fatto di una mancata vigilanza sul sistema di distribuzione, perché anche esso esige una conservazione in ambiente refrigerato intorno a zero gradi.
Mi faccio eco di preoccupazioni raccolte dalla viva voce di specialisti del settore, di colleghi che seguono questa materia con la passione di chi vive la vita della professione medica.
Perché poi si è tanto tardato ad introdurre il vaccino Sabin in Italia? Non posso fare a meno di rivolgere una critica a coloro che hanno ritardato per tanto tempo l'introduzione del Sabin rispetto ad altri paesi del mondo, nei quali ormai la sperimentazione era stata fatta su milioni e milioni di esseri umani con risultato sicuro. Qui soltanto oggi, per merito suo, onorevole ministro, per merito
evidentemente della situazione nuova e più dinamica che si è creata, si introduce il Sabin. Da noi, certe volte, si studia troppo, e molte volte non si tratta soltanto di una cautela tesa ad evitare le possibili conseguenze negative per l' uso di ritrovati non bene sperimentati, dal momento che si è potuto avanzare l'ipotesi che tale inconcepibile ritardo è dipeso dalla volontà di proteggere coloro che dovevano ancora immettere sul mercato vaste scorte di vaccino Salk . Si studia troppo, e non si può farlo quando è in gioco la vita o la invalidità di migliaia e migliaia di creature umane.
Per queste ragioni siamo maggiormente soddisfatti, onorevole ministro, della sua ampia, documentata risposta. Ella ha accennato altresì – e la ringraziamo anche per questo – alla organizzazione della
vaccinazione di Stato attraverso centri provinciali. Abbiamo la convinzione comune che il controllo delle modalità e dei tempi di esecuzione della vaccinazione con il Sabin sia una necessità assolutamente pressante. Non possiamo correre il rischio di distribuire, come ho detto anche nel testo della interrogazione, un inefficiente sciroppo. Dobbiamo essere sicuri; e tale sicurezza può venirci da un accurato controllo, che deve essere attuato dal Ministero con la sua organizzazione centrale
e periferica, attraverso gli strumenti che ella ha predisposto e con una assidua collaborazione a tutti i livelli, anche da parte dei parlamentari nei rispettivi collegi.
Sappiamo che questo vaccino deve essere conservato ad una temperatura di 20 gradi per mantenere la sua efficacia per tutto un anno, che intorno a O gradi esso è efficace per non più di 10 o 15 giorni e a temperatura ambiente solo per poche ore. Non possiamo quindi affidare il vaccino ai genitori. Dobbiamo invece assicurarci che le gocce, se si tratta di boccette pluridose, o la monodose, siano
somministrate in presenza del medico vaccinatore; sappiamo anche che vi sono delle controindicazioni, che è inutile ora elencare. Dobbiamo insomma essere sicuri di fare opera utile sui bambini che saranno portati nei centri in via di organizzazione. Sappiamo che perfino boccette, contagocce e cucchiaini con cui si somministra il vaccino devono essere poi sterilizzati. Si tratta quindi di creare tutta un'organizzazione complessa che impone responsabilità particolari.
In questa fase la vaccinazione privata – il ministro ne ha parlato – non so come potrebbe essere inquadrata in modo utile. Forse emanando con larghezza norme ed istruzioni si può pensare di arrivare anche a buoni risultati.
Ma indubbiamente l'organizzazione della vaccinazione di Stato è qualche cosa di molto serio: bisogna evitare che il rilevante sforzo finanziario e organizzativo cui siamo impegnati consegua risultati meno importanti di quelli massimi che noi ci proponiamo o comunque risultati non rispondenti alle effettive esigenze del paese.
Con queste osservazioni, rinnoviamo a lei, onorevole ministro, la nostra soddisfazione, assicurandola che collaboreremo nelle forme che ci sono consentite, svolgendo anche un'azione di stimolo ed eventualmente segnalando gli opportuni correttivi alle sfasature che dovessero registrarsi, affinché, attraverso lo sforzo comune di tutti gli uomini responsabili, si possa nel giro di qualche anno estirpare veramente la poliomielite dal nostro paese.
PRESIDENTE. L'onorevole De Pascalis ha
facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
DE PASCALIS. Desidero innanzitutto esprimere al ministro un riconoscimento per la sensibilità che lo ha portato in quest'aula a rispondere di persona alle interrogazioni che riguardano un argomento così importante, ed anche un ringraziamento per la tempestività della sua risposta.
Il 1° marzo si svolgerà in tutta Italia, per iniziativa del Ministero, una giornata nazionale contro la poliomielite. È chiaro che non poteva mancare, alla vigilia di una iniziativa tanto importante che si propone di rilanciare la vaccinazione antipoliomielitica di massa, la parola del Parlamento. Sono stati investiti della questione gli uffici dello Stato, le organizzazioni sindacali, gli organismi più diversi : non poteva non esserne investito il Parlamento. L'obiettivo della interrogazione che io e altri colleghi del mio gruppo abbiamo presentato, era proprio questo: porre all'attenzione del Parlamento il problema della poliomielite e della vaccinazione di massa.
E se un augurio e un auspicio posso formulare, è che questa campagna, che si svilupperà nel corso del mese di marzo e dovrà investire ceti e categorie diversi dell'opinione pubblica italiana, possa essere spiritualmente e moralmente presieduta dal Presidente della Repubblica, che so particolarmente sensibile.
Basterebbe pensare alle cifre che purtroppo pongono ancora oggi l'Italia al primo posto fra le nazioni interessate epidemicamente dalla poliomielite. Evidentemente, come ha osservato il collega Romano, la vaccinazione di massa col vaccino Salk non ha servito ad altro che a fermare la corsa tragica di questa malattia. Ma noi socialisti già lo dicemmo nel 1960 e di nuovo nel 1961. Ricorderò che fu proprio l'Avanti! a levare, nel 1961, un grido d'allarme e a sollevare dubbi sull'efficacia del metodo Salk, chiedendo nuove terapie, nuovi interventi per fare fronte in modo integrale e definitivo alla poliomielite. Citerò al riguardo due dati che si riferiscono a due paesi diversi e tra di loro distanti: gli Stati Uniti, che registravano nel 1959 8.425 casi di poliomielite e scendevano nel settembre del 1963 a solo 160 casi, dopo aver realizzato una vasta vaccinazione di massa con il metodo Sabin; la Polonia, paese più simile all'Italia, che partiva nel 1958 con 6.090 casi e arrivava nel luglio 1963 a 15 casi soltanto, dopo aver vaccinato con il vaccino Sabin 3 milioni di bambini nel 1960, un altro milione nel 1961 e dopo aver distribuito altri cinque milioni di dosi nel 1962.
Di fronte a questi dati, dobbiamo dunque dire che in Italia si è aspettato troppo.
Ma vale la pena che la Camera si ponga l 'interrogativo: perché si è aspettato troppo? Perché solo nel novembre 1963, in una riunione presso il Ministero della sanità presieduta dall'allora sottosegretario Santero, si decise di riconoscere che il vaccino vivo attenuato scoperto dal professor Sabin poteva essere utilizzato anche in Italia ? È un interrogativo questo che deve essere presente a noi perché in noi è ancora vivo, onorevole ministro, il ricordo di quanto accadde nel 1958 di fronte alla forma epidemica che aveva assunto allora questa malattia e all'inerzia dello Stato e alla inefficienza del Ministero della sanità.
A questo punto io non posso, quindi, che congratularmi con il ministro Mancini per il lavoro fin qui compiuto e fargli alcune raccomandazioni per il lavoro ancora da compiere. In primo luogo è necessaria una estrema vigilanza sulla produzione, sulla distribuzione del vaccino Sabin per evitare fenomeni di speculazione quali quelli che accompagnarono la produzione del vaccino Salk; in secondo luogo una, vigilanza effettiva e permanente sulla preparazione e sulla distribuzione delle
attrezzature frigorifere necessarie al vaccino Sabin, per evitare anche in questo settore l'insorgere di fenomeni di speculazione privata. Ancora: il controllo e la sollecitazione sui comitati provinciali che devono muoversi autorevolmente, investendo l'opinione pubblica, sollecitandola a prendere atto dei rischi della poliomielite e della esigenza della vaccinazione; inoltre lo studio del problema se sia giunto il momento di passare alla obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica.
Raccomando infine una estrema chiarezza (che mancò con il vaccino Salk, di fronte al quale l'opinione pubblica fu sempre incerta se tre o quattro dovessero essere le dosi da somministrare) e una estrema semplicità nella popolarizzazione degli indirizzi di lavoro e circa il numero (tre o quattro) delle somministrazioni necessarie. Bisogna che ciò sia chiarito subito e con esattezza per evitare che si creino, nello sviluppo della campagna di vaccinazione, incertezze e preoccupazioni che finirebbero col paralizzare l'efficacia della campagna stessa.
Per concludere, ribadisco la nostra soddisfazione che un ministro della delegazione socialista al Governo sia riuscito, nonostante tutte le difficoltà, a mettere in atto tempestivamente una vasta campagna antipoliomielitica e assicuro al ministro, e quindi al Governo, la nostra collaborazione perché questa campagna possa investire tutto il paese, tutta l'opinione pubblica e perché l'Italia possa raggiungere anch'essa quei traguardi che hanno raggiunto altri paesi, vicini e lontani, dalla Svizzera alla Nuova Zelanda, nei quali il flagello della poliomielite è scomparso e non impaurisce più i lavoratori e l'opinione pubblica.
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